INFO

Le onde

 Introduciamo alcuni concetti propri dell'oceanografia, senza comunque trattare l'argomento con pesanti relazioni matematiche. Le maree possono essere descritte come un particolare tipo di onde, ossia delle oscillazioni a lungo periodo del livello del mare. Ma cosa si intende per ONDA? Le onde in prima approssimazione possono essere considerate delle oscillazioni sinusoidali, perlomeno quelle che si muovo in acque profonde. Sono descrivibili attraverso una lunghezza d'onda L, un' altezza H e dal periodo T.

 

L = lunghezza d'onda, indica la distanza che intercorre tra due cresce o due cavi dell'onda; H = altezza, indica la distanza verticale tra il punto più basso del cavo e quello più alto della cresta; T = periodo, il tempo che intercorre tra il passaggio di due creste successive in un determinato punto fisso. Si misura in secondi

COME NASCE UN'ONDA

Quando il vento spira sull'acqua, trasferisce parte della sua energia cinetica all'acqua, che è 800 volte più densa dell'aria. Il vento solleva e mette in movimento le onde, attraverso meccanismi ancora poco chiari. E' noto comunque che le dimensioni che le onde raggiungono dipendono dalla forza, dal tempo per il quale esso ha spirato e soprattutto dal FETCH, termine usato in oceanografia per indicare la superficie di acque aperte sul quale il vento può esercitare la propria forza.

LA ZONA DI FETCH

Come detto, il responsabile della formazione delle onde è il vento. L’area di mare soggetta all’azione del vento è detta area di Fecth, che è tanto più estesa quanto più è durevole l’azione del vento stesso. Le prime onde a formarsi sono quelle centimetriche, dette onde capillari, dalla caratteristica cresta arrotondata e da cavi a forma di V. Tale caratteristica si mantiene a causa delle attrazioni molecolari (tensione superficiale) che ancora prevale a causa delle modeste dimensioni delle onde stesse. Seguono le onde vive, spumeggianti che assumono tale caratteristica a causa dell’aumento dell’attrito all’interfaccia aria-acqua. Non tutte le onde riescono a lasciare la zona di origine, quelle con lunghezza d’onda più corte tendono ad estinguersi, le altre a maggior lunghezza d’onda riescono invece a propagarsi lontano dall’area originaria. Queste assumono la caratteristica di treni d’onda regolari che prendono il nome di onde morte o swell wave.

relazione tra l'altezza delle onde H e area di fetch espressa in miglia nautiche. Kt indica le velocità prescelte del vento espresse in nodi

Periodo

L

Tipologia onda

0 - 0.2 sec.
0.2 - 9 sec.
9 - 15 sec.
15 - 30 sec.
30 sec. più di un ora
12 - 25 ore

cm
fino a 100 metri
centinaia di metri
molte centinaia di metri
fino a Km
centinaia di Km

ripples
wind waves
swell (onde di mare morte)
long swell o forerunners
long period swell - tsunami
tidals - onde di marea

Tab 1: periodo T, lunghezza d'onda L e nome anglosassone di varie tipologie d'onda

Quindi le onde vive sono quelle generate localmente, le swell o onde morte derivano da zone di fecth più o meno distanti. Il modello semplificato per la descrizione di un onda fa riferimento come detto sopra, ad una semplice sinusoide, ed è possibile individuare la lunghezza d’onda L (sui testi è indicata però con il termine λ = lambda) cioè la distanza tra una cresta e l’altra o la distanza tra un ventre e l’altro, ed è possibile individuare l’altezza d’onda H, la distanza verticale che separa la cresta dal ventre. Sulla base delle definizione dei termini gia descritti, ossia L, H e T definiamo:

Ampiezza d’onda A = H/2
Periodo T = 1/f
Frequenza f = 1/T
Frequenza radiale ω = 2π / T
Numero d’onda radiale K = 2π /L
Velocità d’onda V = L/T che corrisponde a ω / K

Dopo lunghi tragitti, le onde swell cominciano a decadere, il che comporta una diminuzione dell’altezza ed un aumento della lunghezza d’onda L, che si traduce osservando le formule sopra, con un aumento della velocità V . Non discutiamo per ora cosa accade in prossimità della costa, quando l’onda comincia a risentire dell’attrito con il fondo e si scompone formando quello che viene detto cavallone. La dinamica di questo evento è complessa e verrà trattata successivamente.
Detto questo, ci limtiamo a dire che fuori dall'area di Fecth le onde continuano a propagarsi, anche in assenza del vento, facendo assomigliare il mare ad un campo ondulato. Queste onde, dette di mare morto o di mare lungo, possono anche sovrapporsi con altre onde provenienti da aree di fetch diverse, tendono così a sovrapporsi e a divenire più alte. Ma in genere la loro energia viene dissipata poiché le stesse onde con il passare dei giorni sono distribuite su un'area molto grande e quindi l'energia per unità di area scende, inoltre contribuiscono a questo anche la forza di gravità e l'attrito tra le molecole di acqua, ragion per cui l'altezza delle onde, nella maggioranza dei casi decresce con il passare dei giorni. L'altezza si riduce di circa 1/3 ogni volta che le onde percorrono una distanza in Km equivalente a 6 volte la lunghezza d'onda, per esempio un'onda alta 1,5 metri e di 25 metri in lunghezza d'onda, si riduce ad un'altezza di 1 metro dopo aver percorso 6 x 25 = 150 Km. Queste onde, da ultimo hanno dei profili molto regolari, a differenza dei profili delle onde vive all'interno dell'area di fecth. Nella figura 3 è riportato il profilo delle onde all'interno e all'esterno dell'area di fecth.

 

 

Le onde morte possono entrare in un'area di fetch e incrociarsi quindi con le onde vive generate all'interno della stessa area, per cui subentrano fenomeni di interferenza. Le onde possono annullarsi, sommarsi ecc... In tal caso si parla di mare incrociato, condizione che può verificarsi anche per altri motivi, per esempio sotto costa, dove subentrano anche fenomeni di riflessione che favoriscono la presenza contempranea di più tipologia di onde. Riassumendo, da quanto detto è ovvio che le onde più grandi si formano in aree di mare molto estese, quindi negli Oceani. In particolare gli oceani dell'emisfero sud sono la patria delle onde con valori di lunghezza d'onda molto alti, sino a 800 metri, mentre le zone del Pacifico e dell' Atlantico settentrionale sono la patria delle onde più alte, grazie alla costante presenza di venti occidentali molto sostenuti.

LE ONDE PRECORRITRICI

E' possibile osservando le onde di mare lungo, e facendo un percorso a ritroso, risalire all'area della loro formazione? L'evento meteorologico che le ha generate sarà sicuramente mutato, si sarà spostato oppure si sarà gia esaurito, poiché le onde di mare lungo spesso arrivano da aree distanti anche migliaia di Km. Eppure tra queste onde se ne nascondo altre, molto piccole, di lungo periodo e che viaggiano a gran velocità, anche oltre gli 8o Km/h. Sono le onde precorritrici o forerunners wave. A occhio nudo sono difficli da individuare, occorrono boe oceanografiche di rilevazione. Grazie alla strumentazione è quindi possibili risalire all'area della loro provenienza, individuando distanza e tempo impiegato per percorrerla. Ora individuare le zone di fecth attraverso l'analisi di queste onde ha perso di significato, satellitti e carte meteorologiche che mostrano la situazione in tempo reale permettono di avere risultati molto più precisi e affidabili. I surfisti tuttavia sono esperti nell'individuazione delle forerunners wave poiché è noto che precedono le grandi onde da cavalcare.

QUANDO L'ONDA ARRIVA SOTTO COSTA

Al passaggio di un'onda non vi è mai spostamento di massa d'acqua. Osserviamo un gabbiano adagiato sull'acqua, al passaggio dell'onda esso non si muove, anzi tende a risalire il cavo dell'onda, raggiunge la cresta e scende lungo il suo profilo fino a ritornare al punto di origine. Se potessimo congiungere tutti i punti toccati dal gabbiano, si ottiene un cerchio, esattamente come riportato in Fig. 1. Le orbite percorse dalle particelle d'acqua sono dunque circolari e chiuse. Tali orbite divengono via via ellittiche e più piccole con l'aumento della profondità, sino ad annularsi. Quando la profondità dell'acqua è minore della metà della lunghezzaa d'onda L, l'onda stessa risente molto dell'attrito con il fondo e comincia a incresparsi. L'onda da sinusoidale diviene cuspidata, da stabile quale era diviene instabile. Comincia a delinearsi il frangente.

Com'รจ una vacanza in barca a vela

 

Le barche:
Lo sloop è la classica barca a vela ad uno scafo con 2,3 o 4 cabine doppie e bagni a bordo. E’ l’ideale per chi vuol vivere l’emozione di muoversi sospinti solo dal vento e raggiungendo spiagge inaccessibili da terra. 
Una vacanza per tutti:
Per partecipare a queste vacanze non è necessario essere velisti: chiunque può unirsi al gruppo e chi non è mai salito in barca scoprirà un modo nuovo di vivere il mare. Con gli imbarchi individuali non è necessario essere un gruppo già formato o riempire la barca: anche chi è single o in coppia trova a bordo compagni di viaggio con cui ridere, scherzare e creare un solido spirito di gruppo. Chi lo preferisce può, naturalmente, prendere un’imbarcazione in esclusiva: la scelta ideale per una famiglia numerosa, un gruppo di amici o una coppia che un momento di relax in due. La vacanza in barca è libertà: tappe, soste e itinerario sono giornaliere e possono essere decise di giorno in giorno. Non siamo in regata, si vive la giornata lasciando molto tempo libero per godersi giornate di sole e di mare.
Lo spirito della vacanza:
Una vacanza in barca a vela offre spazio e comfort ma non è, fortunatamente, paragonabile a quella sulle navi da crociera: occorre spirito di collaborazione tra l’equipaggio e i partecipanti e rispetto per il mare. Siamo in una barca a vela e non in albergo: le bellezze paesaggistiche che sfileranno davanti ai nostri occhi e i legami che si creeranno tra le persone compenseranno di gran lunga lo spirito di adattamento richiesto. 
La vita in barca:
Ognuno partecipa alla vita di bordo come meglio crede: i più attivi possono partecipare alla conduzione della barca, fare escursioni con il tender, scendere a terra per visitare i luoghi che si incontrano, mentre i più tranquilli possono rilassarsi leggendo un libro oppure prendendo il sole in coperta e scomodandosi solo di tanto in tanto per un bagno. Si dorme alla fonda in baie protette o nei marina attrezzati, mentre per la cena si può sempre decidere se cenare in barca oppure in una delle tante trattorie con cucina tipica che si incontrano nei porticcioli dove attraccheremo.
L’equipaggio:
Jolly Roger  si avvale di skipper italiani, professionisti del mare che organizzano la vita sopra coperta, mentre
hostess o steward curano, con l’aiuto di tutti, la cucina. In barca le tappe non sono fisse come su un autobus: lo skipper può decidere di variare il programma di navigazione in base alle condizioni meteo al fine di garantire sicurezza e comfort ai partecipanti. Egli è anche disponibile ad insegnare le manovre fondamentali per la conduzione di una barca a vela: il coinvolgimento in un’attività così particolare e divertente rende la vacanza un concentrato di emozioni indimenticabile.

Accesso alla sede e la possibilità di presenziare a eventi e serate particolari insieme ad altri appassionati sportivi come te.
Contattaci via mail info@jollyrogeradventur.com , per telefono o visita direttamente la nostra sede per scoprire come diventare nostro socio.

.......SUGGERIMENTI PER IL PRIMO IMBARCO SU UNA BARCA A VELA.......


 

 
 

 

 

Una delle sensazioni più esaltanti e gratificanti è quella che si prova quando si naviga a vela sospinti dalla sola forza del vento e la barca scivola frusciando nell’acqua come un fantastico animale a mezza strada fra l’uccello ed il pesce.  Si osservano le vele per regolarne l’orientamento, le mani sulla ruota del timone e lo sguardo verso l’orizzonte per controllare la rotta... la meta ormai dimenticata nell’immersione totale nel mare e nel cielo.

Ma prima di partire ci sono i preparativi,occorre fare i bagagli, quelli giusti e adatti ad una crociera e, soprattutto, bisogna predisporre una mentalità opportuna, specifica, particolare per il tipo di vacanza che stiamo organizzando.

L’elenco dei suggerimenti che seguono sono utili, specialmente per chi si trova alla prima esperienza, per iniziare un viaggio in barca a vela nel modo migliore. Ma nella lista manca il suggerimento più importante, è formato da una coppia di parole: tolleranza e rispetto, sarebbe bene non  lasciarlo a casa.

 
 

 

1.  COSA METTERE IN VALIGIA                      

 ABBIGLIAMENTO: il più idoneo è quello sportivo.

 In primavera ed estate: pull-over, felpa, pantaloni (jeans o tessuto resistente) camicia, cerata leggera o K-way oppure giubbetto impermeabile, cappello o berretto possibilmente con passagola, guanti da barca.
In estate, oltre al costume da bagno, servono magliette di cotone come polo e t-shirt, calzoncini corti, occhiali da sole possibilmente con stringa (il cordino è consigliato anche per gli occhiali da vista).

In autunno e inverno: maglioni, pile o felpa pesante, cerata impermeabile, calze di lana, guanti, berretto di lana.

-          Scarpe: spesso occorre un paio da portare esclusivamente in barca (se non viene deciso unanimemente di stare tutti quanti scalzi). Devono essere sportive ed avere la  suola da barca  (neutra e liscia).
Sono tassativamente proibite scarpe provviste di suola in cuoio o tacchi.

-          Indispensabili le creme solari ad alta protezione, utile anche uno stick protettivo per le labbra.

 Le barche non dispongono di ampi spazi per cui si consiglia uno zaino o una borsa morbida facilmente ripiegabili. Per le donne: sarebbe bene lasciare a casa collane, braccialetti, anelli ecc.

2. CAMBUSA 

I partecipanti contribuiscono mediante uno o più versamenti ad un fondo comune da utilizzare per l’acquisto delle vettovaglie (lo skipper in genere viene escluso). Per il consumo durante la navigazione si consigliano panini o cibi salati, secchi e asciutti (per evitare problemi gastrici), per le bevande sono da preferire succhi di frutta e bevande non gassate;da non dimenticare un'adeguata riserva di acqua potabile.

3. STARE IN BARCA

  In barca bisogna obbedire alle disposizioni e agli ordini dello skipper (o dell’istruttore) che se ne

assume la responsabilità: sarà lui ad indicarvi il modo migliore per salire o scendere dall’imbarcazione e dove stare durante la navigazione.  Lo skipper spiegherà e illustrerà le varie tecniche di manovra, come regolare le vele e darà a tutti l’opportunità di governare la barca con il timone.

 

E’ bene ricordare che occorre molta cautela nel muoversi a bordo, specie in coperta, quando la barca è in navigazione: spostarsi lentamente e soprattutto tenere a mente la regola fondamentale: 

UNA MANO PER TE ED UNA PER LA BARCA !

A vostra discrezione, o su ordine dello skipper, indossate il giubbetto di salvataggio che si trova fra le dotazioni(obbligatorie) su tutte le imbarcazioni. ATTENTI alla TESTA: il boma (base orizzontale inferiore che tiene tesa la vela di randa)  può oscillare e anche ruotare durante le manovre di virata o strambata.

Durante la navigazione di bolina, cioè risalendo la direzione del vento, la barca si inclina su un fianco: niente paura! È normale  e non c’è pericolo di scuffiare (capovolgere lo scafo). Sotto la chiglia c’è un contrappeso che funge da zavorra di controbilanciamento.

4. MAL DI MARE
Il mal di mare va sempre messo in conto. Può succedere a tutti di soffrirne, anche al marinaio più incallito e proprio quando meno te l’aspetti. Però qualcosa per ridurre il disagio, se non per evitarlo, si può fare. Per prima cosa sarebbe bene, quando è possibile, abituarsi al lento movimento della barca: salire a bordo il giorno prima della partenza, cenare e dormire in barca possono sicuramente aiutare ad acquisire  familiarità e a sopportare il beccheggio  ed il rollio.

Poi ci sono i rimedi tradizionali: mangiare un’acciuga, bere succo di limone. Il più efficace sembra essere quello di guardare lontano, verso l’orizzonte e comunque è bene evitare di stare sotto coperta. Una delle cure migliori è sicuramente quella di stare al timone ed occuparsi della rotta. Da evitare il digiuno e i superalcolici. E' consigliabile iniziare la navigazione dopo aver mangiato moderatamente cibo asciutto. Ci sono moltissimi farmaci, come la xamamina, disponibili, ma è bene assumerli dopo aver consultato un medico competente in materia e osservandone le regole di somministrazione.

Quando poi, dopo e nonostante tutte le precauzioni, vi accorgete che la nausea sta inesorabilmente sopraggiungendo…. non spaventatevi più di tanto! Ditelo subito allo skipper…. vedrete che troverà rapidamente il rimedio adatto per rimettervi in sesto. Per risolvere il problema, a volte basta un turno al timone, masticare qualche cracker salato, respirare a fondo e con regolarità (senza iperventilare), rilassare tutti i muscoli magari sdraiandovi nella parte centrale dell’imbarcazione, soprattutto non stare sottocoperta. Se poi non potete fare a meno di vomitare….. fatelo sottovento e senza opporre eccessiva resistenza! Dopo vi sentirete decisamente molto meglio e riprenderete a godervi lo spettacolo della barca che solca veloce le onde!

5. COMPORTAMENTO a BORDO
Soggiornare in barca a vela implica l’acquisizione (e anche l’accettazione) di uno stile di vita che prevede al primo posto la tolleranza e al secondo il rispetto per gli altri. Come è noto, è lo skipper che prende le decisioni sulla rotta e sulle scelte legate alla navigazione, ciò non toglie che, prima di partire, si discuta serenamente sulle mete e si deliberi educatamente sull’itinerario da seguire e su altre questioni, per esempio, sul menu, sugli orari dei pasti, sulla durata dei soggiorni e delle soste.

Tutti danno una mano, specie nelle procedure di attracco e alla partenza, ma anche durante la navigazione è divertente partecipare alla gestione delle vele e seguire le manovre per dare maggiore velocità alla barca durante un … ingaggio casuale!

Anche le pulizie vengono eseguite con spirito di collaborazione: è bene fare attenzione a non sporcare le zone comuni e assolvere al proprio turno di corvée senza sbuffare vistosamente.

Evitare assolutamente di gettare in mare materiale non biodegradabile: un buon velista è necessariamente rispettoso della natura.
Un discorso a parte merita la toilette di bordo ed il suo impiego. Fatevi spiegare con chiarezza il modo di usare il water della barca, per evitare episodi spiacevoli. E’ utile tener presente che la toilette delle barche non ha lo sciacquone e lo svuotamento si ottiene mediante una pompa azionabile a mano che preleva l’acqua di mare dall’esterno e successivamente riversa fuori bordo le acque di scarico. I tubi sono più piccoli del WC di casa e bisogna aver cura che non si intasino con pezzi di carta o altri oggetti.

Ora conoscete la maggior parte delle informazioni necessarie a trascorrere un fantastico soggiorno in barca a vela e allora non rimane che augurarvi una felice navigazione e a tutti: Buon vento !!!

A B C della Vela e della navigazione

Il linguaggio marinaresco e' uno dei piu' belli e pittoreschi. Non per questo e' meno preciso tecnico di altri linguaggi "specialistici". Quando si naviga infatti e' molto importante che i comandi impartiti dal comandante o skipper siano ben compresi e correttamente eseguiti dall'equipaggio.

Sulla barca gli ordini vengono impartiti e le riposte vengono date ad alta voce. Il rumore delle onde e del vento e la distanza tra i membri dell'equipaggio impedirebbero altrimenti la comprensione.
Spesso gli ordini sono preceduti da un comando di preparazione: Pronti alla virata! oppure Pronti a mollare il corpo morto!. A tali comandi NON bisogna iniziare la manovra ma prepararsi ad effettuarla (ad esempio mettendo in chiaro le cime) e, quando si e' pronti, rispondere Pronti!. A questo punto arriva il comando della manovra e tutto l'equipaggio svolge il proprio compito in modo coordinato: Viro!

L'IMBARCAZIONE:

La parte anteriore della barca si chiama prua, la parte posteriore poppa, la destra si dice dritta (ma anche destra), la sinistra si dice sinistra. La parte dell'imbarcazione rivolta al vento e' detta sopravento, la parte opposta sottovento. La parte immersa dello scafo e' chiamata opera viva, la parte emersa opera morta. La copertura superiore dell'imbarcazione si chiama coperta la zona a poppa dove trova posto l'equipaggio si chiama pozzetto.
La deriva e' una pinna che evita lo scarroccio all'imbarcazione. Sulle barche da altura la deriva e' in metallo pesante e spesso presenta, nella parte inferiore, un bulbo o siluro. Il peso del bulbo impedisce all'imbarcazione di scuffiare (ribaltarsi). Sulle imbarcazioni di piccole dimensioni la deriva e' di legno o materiale plastico ed e' mobile (e si scuffia!!), in questo caso l'imbarcazione stessa prende il nome di deriva. Anche la pala del timone presenta una resistenza allo scarroccio oltre a consentire la direzione dell'imbarcazione. Il timone puo essere a barra o a ruota. La proiezione sull'asse longitudinale dell'opera viva e' chiamato piano di deriva ed il suo centro centro di deriva. Il piano di deriva puo' cambiare con lo sbandamento della barca e, per le barche in cui e' presente, sollevando la deriva mobile. Qualche barca molto speciale ha una deriva inclinabile... ma sono eccezioni!

La distribuzione del peso sull'imbarcazione ha molta importanza. L'equipaggio si tiene generalmente sopravento per contrastare l'azione del vento. In condizioni di vento scarso l'equipaggio si distribuisce per mantere in assetto l'imbarcazione. Piu' sono grandi le barche meno l'equipaggio ha influenza sulla distribuzione totale dei pesi e quindi, oltre al carico, si utilizzano appositi serbatoi o ballast.

Per evitare che l'equipaggio finisca in acqua (IL RISCHIO E' SEMPRE PRESENTE!) vi sono uno o piu' ordini di cavi metallici detti draglie che formano una specie di ringhiera. Le draglie sono sostenute dai candelieri e terminano su strutture di metallo detti pulpiti. Alle draglie si fissano in parabordi che proteggono l'imbarcazione dagli urti durante l'ormeggio in porto.

Nelle imbarcazioni dotate di motore e' ovviamente presente un'elica. L'elica ha spesso le pale abbattenti per non offrire resistenza al moto durante la navigazione a vela.

I termini appena descritti si riferiscono all'imbarazione a vela piu' comune e diffusa: lo sloop. Imbarcazioni piu' grandi, o semplicemente diverse, sono dotate di piu' alberi e di manovre piu' complesse ma i principali termini sono gli stessi. I velieri sono hanno tre alberi: trinchetto, maestra e mezzana. Le golette di due alberi: trinchetto e maestra. I ketch e gli yawl hanno l'albero di maestra e di mezzana (nel ketch l'albero di mezzana e' a pruavia rispetto al timone). I catamarani hanno due scafi ed i trimarani tre!

LE VELE:

L'albero ha la funzione di sostenere le vele. L'albero e' sostenuto dalle manovre fisse o dormienti che sono generalmente cavi metallici. L'albero e' sostenuto anteriormente dallo strallo, posteriormente dal paterazzo o, sulle imbarcazioni da regata, dalle volanti. Lateralmente l'albero e' sostenuto dalle sartie. Le sartie per offrire maggior stabilita' sono appoggiate sulle crocette. Le crocette si dicono aqquartierate se sono rivolte verso poppa. L'albero si appoggia sulla mastra passando la coperta attraverso un buco detto scassa dell'albero. Sull'albero e' fissato un braccio orrizzontale detto boma mediante un perno metallico detto trozza. Quando non e' issata la vela, il boma e' sostenuto superiormente dall'amantiglio e viene spinto verso il basso dal caricabasso o dal vang.

All'albero sono issate le vele. La vela anteriore e' detta fiocco, la vela posteriore e' detta randa. Gli angoli ed i lati delle vele hanno nomi precisi. L'angolo superiore e' detto penna, l'angolo a pruavia e' detto mura, l'angolo a poppavia e' detto bugna. Il lato tra la mura e la penna e' detto inferitura, il lato tra la penna e la bugna e' detto balumina o caduta, il lato tra la bugna e la mura e' detto base. Le vele hanno una forma tridimensionale che viene realizzata cucendo assieme i ferzi (con l'eccezione delle vele 3D realizzate con un pezzo unico mediante uno stampo). Storicamente i tessuti utilizzati erano il lino ed il cotone, sostituiti da tessuti in poliestere e da materiali compositi (eg. spectra, carbonio in fibra incollati su una pellicola).
Le vele sono issate e regolate con le manovre mobili. La drizza e' utilizzata per issare la vela all'albero. La scotta e' utilizzata per la regolazione della vela. Per la regolazione delle vele vi sono bozzelli, stopper, strozzascotte, winch (arganelli), maniglie, ...
Il fiocco ha il punto di mura a prua ed e' generalmente murato su un anello a prua da un grillo. Il fiocco e' inferito sullo strallo mediante garrocci o, in alcuni casi, direttamente nello strallo che presenta una cerniera (strallo cavo). La penna e' portata sull'albero dalla drizza. Lo strallo non arriva sempre alla testa dell'albero. Ad esempio nel caso in cui lo strallo arrivi ai 7/8 dell'albero si dice e' armato a 7/8. Sulla bugna del fiocco si incocciano le due scotte con una gassa da amante. Le scotte arrivano poi direttamente ai winch in pozzetto o, piu' spesso, passando sul carrello che consente un ulteriore regolazione della vela.
Vi sono fiocchi di dimensioni diverse. Dalla tormentina al genoa. La vela viene scelta a seconda della condizioni del vento. Alcune imbarzazioni (quelle con indirizzo maggiormente crocieristico) hanno un unico fiocco la cui dimensione e' variata avvolgendolo o svolgendolo dallo strallo con il rollafiocco.

La randa ha il punto di mura nell'angolo tra l'albero ed il boma. Le ralinghe lungo l'inferitura della randa si infilano in una canaletta sull'albero. La drizza della randa issa la penna in testa all'albero. La scotta della randa viene fissata sul boma ed attraversa generalmente diversi bozzelli che hanno lo scopo di demoltiplicare la forza da impegnare sulla scotta. La randa e' irrigidita sulla balumina da una serie di stecche.
La randa presenta due o tre serie di brancarelle, mataffioni e terzaroli che consentono di prendere le mani di terzaroli (ridurre la vela) in caso di forte vento.
Simile al fiocco ma non inferito sullo strallo e' il gennaker o lo spinnaker asimmetrico una vela leggera adatta ad andature con il vento in favore. Si usa in alternativa al fiocco e viene spesso murata sul bompresso.
Una vela molto bella e' lo spinnaker (detto spesso anche spi). E' una vela leggera, che offre una superficie velica molto grande, da utilizzare nelle andature portanti ed e' spesso riccamente colorata. Sono necessarie diverse manovre per regolare lo spinnaker. Il tangone e' fissato anteriormente all'albero. E' sostenuto dall'alto e vincolato dal basso. La regolazione laterale si effettua con il braccio. Il punto di mura dello spinnaker e' sull'estremita' del tangone (varea). Per poter armare lo spinnaker da entrambe i lati e' necessario disporre due bracci e due scotte; l'insieme di queste manovre e' chiamato circuito dello spinnaker (sulle imbarcazioni piu' piccole una sola cima puo' fungere alternativamente da braccio o scotta).

Il punto su cui si applica la risultante della forza del vento su tutte le vele si chiama centro velico. La relazione tra il centro velico ed il centro di deriva e' molto importante poiche' determina il comportamento dell'imbarcazione.

IN NAVIGAZIONE:

Poiche' l'unica forza di propulsione e' quella del vento e' molto importante la rotta che si segue rispetto alla direzione del vento: l'andatura.

Quando il vento e l'imbarcazione procedono esattamente nella stessa direzione l'andatura e' detta di poppa o a fil di ruota. Le vele sono stese al massimo per raccogliere il vento. E' anche possibile disporre il fiocco e la randa sui due lati opposti: andatura a farfalla.
Stringendo un poco il vento si ha l'andatura di lasco. Il vento proviene dal mascone di poppa. Le vele sono molto larghe e dallo stesso lato. Quando il lasco e' vicino all'andatura di poppa viene detto gran lasco.
Quando il vento proviene dal traverso l'andatura si dice al traverso! Le vele sono maggiormente raccolte verso il centro della barca per meglio prendere il vento.
Se il vento proviene dalla parte anteriore della barca si riesce comunque a procedere. L'andatura controvento e' detta bolina. A differenza delle andature portanti in cui si sfrutta direttamente la spinta del vento sulle vele, nella bolina si sfrutta un effetto aeredinamico analogo a quello delle ali. I filetti d'aria che passano sulla parte convessa esterna hanno maggior velocita' rispetto ai filetti d'aria che passano sulla parte interna della vela e creano un effetto depressivo che spinge la vela in avanti. Le vele sono molto strette e debbono essere ben regolate per ottenere la spinta nella direzione voluta. Quando si procede nella direzione piu' controvento possibile si dice che si fa una bolina stretta. L'angolo rispetto al vento della bolina stretta dipende da molteplici fattori (struttura dell'imbracazione, qualita' delle vele, forza del vento, presenza di onde, capacita' del timoniere, ...) ma generalmente si considera limite un angolo di 45 gradi.
Esattamente controvento non e' possibile andare. Pertanto nel settore morto non vi sono andature possibili.

Il vento che l'equipaggio, l'imbarcazione e le vele sentono non e' il vento reale ma e' il vento apparente dato dalla risultante del vento reale e dal movimento dell'imbarcazione.
Se si procede in fil di ruota con un vento reale di 10 nodi alla velocita' di 6 nodi la risultante sara' un leggero vento da poppa di 4 nodi. La sensazione sara' di un vento leggero. Se invece si procede di bolina stretta a 5 nodi con lo stesso vento la risultante sara' un vento di circa 14 nodi che apparira' provenire piu' a pruavia del vento reale. La sensazione sara' quindi di un vento molto piu' forte!
Il vento apparente e' importante sia per la regolazione che per la scelta delle vele da adottare nelle diverse andature. Una velatura corretta per un'andatura di poppa potrebbe risultare eccessiva per un'andatura di bolina con lo stesso vento (reale).

Quando si porta la barca maggiormente contro la direzione del vento si orza. Quando si porta la barca maggiormente verso la direzione del vento si poggia.

Se il centro velico e' a poppavia rispetto al centro di deriva la barca e' orziera altrimenti tende a poggiare. Si tratta di una caratteristica molto importante dell'imbarcazione. Infatti un forte sbilanciamento rende la barca poco manovrabile. Il piano di deriva non e' generalmente modificabile... mentre il piano velico deve essere "gestito" dallo skipper riducendo o aumentando in modo appropriato le diverse vele. Ad esempio in caso di forte vento oltre ad issare un fiocco di minori dimensioni e' opportuno e prendere una o due mani di terzaroli.
Nel caso in cui la barca non risponda ai comandi del timone, a causa della maggior forza del vento sulle vele, e' importantissimo essere pronti e mollare immediatamente la scotta per evitare una pericolosa straorza.

LE MANOVRE:

La variazione di andatura comporta la regolazione delle vele. Nelle andature portanti le vele debbono essere maggiormente aperte. Nelle andature controvento le vele invece debbono essere maggiormente strette.
La regolazione principale si effettua con le scotte lascando le vele nelle poggiate e cazzando le vele nelle orzate. Altre regolazioni piu' fini si possono fare regolando il carrello, il caricabasso, le volanti, il meolo (serve per regolare la tensione della balumina e l'ho riportato solo perche' il nome mi assomiglia)...

Quando si passa da un bordo di bolina a quello opposto si effettua una manovra che prende il nome di virata. La sucessione e' la seguente:

  • Il timoniere da il comando: Pronti alla virata!
  • Ogni membro dell'equipaggio si prepara (prende in mano la scotta, raccoglie una maniglia, cazza la volante sottovento o, piu' semplicemente, si prepara a spostarsi sopravento) e risponde: Pronto!
  • Il timoniere da' il comando: Viro!
  • Il timoniere orza con decisione
  • Quando l'imbarcazione e' controvento ed il fiocco fileggia viene mollata la scotta sopravento e cazzata quella sottovento (rispetto al nuovo bordo)
  • L'equipaggio passa sopravento
  • Ripresa velocita' vengono effettuate le regolazioni di fino delle vele

La manovra va eseguita con coordinazione altrimenti non riesce. L'imbarcazione infatti passa nel settore morto in cui procede esattamente contro vento ed e' necessaria la giusta velocita' nell'esecuzione della manovra. Nel caso in cui la manovra non riesca e' necessario poggiare per far nuovamente prendere velocita' alla barca e riprovare.

La manovra per passare da un lato all'altro del lasco prende il nome di abbattuta o virata di poppa. La sucessione e' la seguente:

  • Il timoniere da il comando: Pronti all'abbattuta!
  • Ogni membro dell'equipaggio si prepara (prende in mano la scotta, abbassa la testa, cazza la volante sottovento o, piu' semplicemente, si prepara a sedersi sull'altro lato del pozzetto) e risponde: Pronto!
  • Il timoniere da' il comando: Randa al centro!
  • Il randista porta velocemente la randa al centro cazzando la scotta.
  • Il timoniere da' il comando: abbatto!
  • Il timoniere poggia passando di lato
  • La randa viene mollata
  • Si cazza la scotta sottovento per regolare il fiocco
  • L'equipaggio passa sopravento
  • Ripresa velocita' vengono effettuate le regolazioni di fino delle vele

La manovra va eseguita correttamente altrimenti c'e' il rischio che il boma si abbatta violentemente sul lato sottovento colpendo l'equipaggio o causando danni all'imbarcazione. Piu' complesse sono le manovre che riguardano lo spinnaker ... ma ve le racconto lo stesso! Naturalmente lo spi deve essere regolato cazzando e lascando la scotta, compito che richiede una certa forza ed attenzione poiche' la vela e' molto grande. Anche il punto di mura dello spi (che si trova sul tangone) deve essere regolato. Quando si orza bisogna strallare ovvero spostare il tangone verso lo strallo. Quando si poggia bisogna quadrare ovvero spostare il tangone verso le sartie.
Con lo spi issato si puo' eseguire la strambata (la virata non e' possibile poiche' lo spi si utilizza solo per le andature portanti). In questo caso il braccio e la scotta debbono cambiare lato ed il punto di mura dello spi deve spostarsi sul lato sottovento. Per ottenere questo bisogna sparare (sganciare) lo spi nel momento in cui si passa in poppa, far passare il tangone aldila' dello strallo ed incocciare il nuovo braccio sull'altro lato.
In caso di manovre errate puo' capitare di straorzare (la barca va all'orza spinta dallo spi senza sentire l'azione del timone), fare la caramella (lo spi si arrotola e forma una caramella sullo strallo), mandare lo spi in acqua ...

I NODI:
Poiche' la regolazione delle vele, l'ormeggio e la maggior parte delle attivita' svolte sulla barca a vela coinvolgono cime e' naturalmente molto importante conoscere bene i principali nodi.

Ciascun nodo ha la sua funzione e caratteristica. Un nodo errato rischia di sciogliersi o, peggio, non sciogliersi piu', rendendo pericolosa la manovra.

I nodi principali sono:

  • Nodo parlato
  • Savoia
  • Gassa d'amante
  • Nodo piano
  • Nodo di bozza

In realta' i nodi sono moltissimi ed alcuni sono veramente artistici. Tra gli altri: capuccino, gassa doppia, bandiera, ... per non parlare poi delle impiombature. Ma quelli che davvero necessario saper fare in navigazione sono quelli riportati per primi.

L'unico modo per imparare a fare i nodi e'... farli! Quindi buon esercizio. Lo skipper vi insegnera' tutti i trucchi per farli velocemente.

I VENTI:

I venti prendono un nome diverso a seconda della direzione da cui provengono: la rosa dei venti:

  • Nord: Tramontana
  • Nord-Est: Grecale
  • Est: Levante
  • Sud-Est: Scirocco
  • Sud: Mezzogiorno
  • Sud-Ovest: Libeccio
  • Ovest: Ponente
  • Nord-Ovest: Maestrale

IL CODICE DEL MARE:

In mare non vi sono cartelli stradali o semafori. Tuttavia vi sono regole e segnali ben precisi da conoscere e rispettare. La trattazione di tutti questi elementi sarebbe molto lunga e vi sono parecchi libri che la trattano. Alcune norme sono antichissime (l'uomo naviga da millenni e guida solo da un centinaio di anni). Le norme principali sono universalmente accettate ed applicate in tutte le situazioni (anche in regata o sui laghi). Naturalmente qui diamo solo qualche accenno.

Una barca che procede a motore deve dare la precedenza, lasciando libera la rotta, alla barca che procede a vela. Una barca che procede a vela deve dare la precedenza ad una barca che procede a remi. Qualsiasi barca deve dare precedenza ad imbarcazioni che hanno difficolta' di manovra. Le barche che escono da un porto debbono dare precedenza alle barche che entrano in porto. In porto e dove le acque sono limitate si tiene la destra. Tra due imbarcazioni che procedono a vela ha precedenza quella con le mure a dritta (il vento che proviene da destra). Tra due imbarcazioni che procedono sulle stesse mura ha precedenza quella con l'andatura piu' stretta (la bolina ha precedenza rispetto al traverso e questo ha precedenza sul lasco).
La manovra deve essere decisa e precisa in modo da non lasciare dubbi sulla sua esecuzione alle altre imbarcazioni.

SICUREZZA:

La sicurezza in mare e' importantissima. Oltre a dover avere sulla barca tutte le dotazioni di sicurezza (cosa per altro obbligatoria per legge) e' necessario mantenere sempre un comportamento prudente. In questo documento non c'e' lo spazio sufficiente per trattare questo argomento in modo completo e quindi ne diamo solo un cenno. Ma ogni volta che si sale in barca la sicurezza deve sempre essere al primo posto.
Lo skipper ha la responsabilita' della sicurezza a bordo. Ogni suo ordine sulla navigazione va eseguito al meglio.
I bollettini metereologici vanno controllati con attenzione e quindi vanno seguite le evoluzioni delle condizioni del meteo.
Le imbarcazioni e gli equipaggi stessi hanno limiti che non vanno mai superati.
Tutte le dotazioni della barca debbono essere in efficienza ed e' necessario avere una scorta per ogni necessita'.
E' importante che, oltre allo skipper, anche le altre persone dell'equipaggio conoscano le dotazioni di sicurezza, le corrette procedure (eg. VHF 16, 1530), sappiano dove sono i medicinali, conoscano l'attrezzatura, ...

 

Tempo di sopravvivenza Uomo in Mare

QUANTO TEMPO SI SOPRAVVIVE IN ACQUE FREDDE?

 

 

Il corpo umano posto in acqua perde calore ad una velocità molto maggiore rispetto a quando si trova in aria. Tale velocità dipende dalla differenza di temperatura tra il corpo umano e l'acqua circostante, ed è influenzata dall'abbigliamento poiché ogni materiale è caratterizzato da un coeficiente di trasmissibilità variabile.

Lo shock termico iniziale, in acque molto fredde, può manifestarsi subito. Il tasso respiratorio aumenta notevolmente ed è facile andare in iperventilazione, il che causa confusione e disorientamento. Poco dopo può sopraggiungere un attacco cardiaco e la morte.
Durante il periodo estivo, in Mediterraneo, considerando le temperature medie stagionali, l'ipotermia sopraggiunge dopo un periodo compreso tra 2 e 12 ore. Durante l'inverno i tempi si riducono ad un intervallo compreso tra 2 a 120 minuti.

L'IPOTERMIA
Il termine ipotermia indica la riduzione della temperatura corporea al di sotto dei 35°C. La temperatura corporea è sotto il controllo del nucleo preottico nell'ipotalamo. Si parla di ipotermia lieve quando la temperatura corporea è compresa tra 35 e 32.2 °C; di ipotermia moderata quando è compresa tra 32.2 e 28 °C; di ipotermia severa quando scende al di sotto di 28 °C. La maggior parte del calore (prodotto dal fegato e dal cuore) è disperso attraverso la cute (90%) mentre una minima parte (10%) è persa attraverso i polmoni. Quando si finisce in acqua, la dispersione del calore subisce un incremento notevole. Vedremo poi un modello matematico per calcolarne le quantità. In acqua la velocità di dispersione del calore è 26 volte maggiore rispetto all'aria alle medesime condizioni di temperatura. Per esempio un uomo in acqua a 20 °C perde calore 26 volte più velocemente rispetto ad un uomo posto in una stanza alla temperatura di 20 °C. Questo dipende dalla grande capacità termica dell'acqua e quindi dalla sua capacità di sottrarre calore.
Durante l'ipotermia si ha una diminuzione delle attività enzimatiche e si ha un'alterazione del metabolismo aerobico, infatti l'emoglobina a basse temperature non è più in grado di rilasciare l'ossigeno ai tessuti e come conseguenza, almeno nella fase iniziale (ipotermia lieve), aumenta la gittata cardiaca ovvero aumentano i battiti cardiaci. Nella fase successiva (ipotermia moderata), si ha bradicardia e conseguente depressione dei centri respiratori. Quando il tessuto non riceve più ossigeno, muore e si ha necrosi tissutale. Nell'alpinismo sono molti i casi di necrosi degli arti e consegunte perdita degli stessi.
Di seguito le principali alterazioni nei casi di ipotermia lieve, moderata e severa:

ipotermia lieve (fase iniziale) 35 - 32.2 °C:

  • ipertensione
  • brividi di freddo (shivering)
  • tachicardia
  • tachipnea (polipnea)
  • vasocostrizione
  • ridistribuzione del calore a cuore e cervello, mantenuti normotermici per più tempo possibile, a sfavore delle estremità (mani, piedi)

ipotermia lieve (fase secondaria) 35 - 32.2 °C:

  • apatia
  • atassia
  • ipovolemia
  • aumento della diuresi (diuresi fredda)
  • iperlicemia
  • confusione mentale e amnesie
  • aumento ematocrito
  • coagulopatie

ipotermia moderata 32.2 - 28 °C:

  • aritmia atriale
  • decremento del battito cardiaco (bradicardia, che non risponde alla somministrazione di atropina)
  • decremento del tasso di respirazione
  • decadimento cognitivo e del livello di coscienza
  • dilatazione delle pupille (midriasi pupillare)
  • scomparsa dei brividi
  • diminuzione dei riflessi
  • ipotensione
  • scomparsa della diuresi
  • comparsa onda J di Osborn nell'elettrocardiogramma
  • iper o ipoglicemia
  • disfunzioni epatiche e pancreatite
  • allucinazioni
  • anomalie elettroencefalogramma

ipotermia severa < 28 °C:

  • apnea
  • coma
  • decremento o scomparsa dell'attività elettroencefalografica
  • oliguria
  • edema polmonare
  • aritmia ventricolare/asistolia
  • perdita riflesso pupillare
  • assenza di riflessi osteotendinei e pseudo rigor mortis
  • diminuzione perfusione renale
  • morte apparente

Quindi nel caso di ipotermia sono coinvolti il sistema nervoso centrale, il sistema cardiocircolatorio, il sistema respiratorio, il sistema muscoloscheletrico, il sangue, il sistema endocrino, l'apparato gastrico e il sistema renale.

COME INTERVENIRE
In ambito medico le metodiche di intervento sono tante e differiscono per costi e tipologie gestionali. L'importante è valutare se la metodica attuata determina l'aumento della temperatura corporea. Se questo non avviene, occorre cambiare tempestivamente metodo.
A monte dell'intervento medico, se per esempio ci si trova su un'imbarcazione e si è in procinto di issare a bordo un naufrago è importante operare nei seguenti modi:

  • muovere delicatamente il paziente per evitare di mettere in circolo "sangue freddo" e a basso pH; determina un ulteriore calo termico e può essere fatale per la vittima, a causa di aritmie dovute al cosidetto afterdrop (raffreddamento secondario);
  • lasciare il paziente in posizione orizzontale;
  • rimuovere il vestiario bagnato e non esporre al vento il paziente;
  • se la temperatura corporea è inferiore ai 36 °C usare le tecniche di riscaldamento passivo (coperte, ambiente caldo, metalline: sono le coperte isotermiche che agiscono per rifrazione. Esse impediscono ogni ulteriore perdita di calore. Vanno usate anche per coprire il capo poichè da esso si perde circa il 30% del calore corporeo.
  • se necessario iniziare le manovre rianimatorie di primo soccorso.

Il trattamento extraospedaliero e ospedaliero esula dalle nostre competenze, per cui si rimanda ad altri siti o ai testi di medicina. In particolare consigliamo le linee guida dell'American Heart Association e quelle dell'European Resuscitation Council.

IL TEMPO DI SOPRAVVIVENZA
Ovviamente i fattori che influenzano il tempo di sopravvivenza in acqua sono molti. Quelli più importanti sono il tempo di permanenza e la temperatura dell'acqua. Altri fattori sono l'età e il sesso del soggetto, lo stato di salute e, importante, il tipo di vestiario. Lo stato di salute del soggetto influenza il bilancio tra calore prodotto e calore perso; quest'ultimo è dipendente dalla forma del copro e dallo strato adiposo. Su questo aspetto è importante ricordare gli studi di Sloan and Keatinge: le persone magre o con uno strato adiposo modesto perdono più velocemente calore quanto più è bassa l'età; i ragazzi perdono calore più velocemente rispetto alle ragazze. Quindi è importante anche come lo strato adiposo è distribuito nei vari distretti corporei.

La differenza tra calore prodotto e quello perso rappresenta il tasso di dispersione. Indicandolo con Est e indicando il calore prodotto con Q e quello perso con q, abbiamo:

Est = Q - q

Q è il calore prodotto dal metabolismo basale e, secondo la World Health Organization (WHO) dipende principalmente dal peso e dall'altezza del soggetto.
Il calore è perso per conduzione e convenzione, per cui:

q = K A e q = h A dove A indica la superficie del copro, K è la conduttività termina, h è il coeficiente di convenzione che per l'acqua vale 12,500 W m-2 K-1.

La superficie corporea può calcolata nel seguente modo:

A = 0.007184 Weff 0.425 Heff 0.725 dove Weff indica il peso espresso in kg e Heff l'altezza espressa in cm.

Non tutta la parte esterna del corpo perde calore allo stesso modo, per esempio la conduttività termica dei tessuti seguenti vale.

Epidermide: spessore: 0.08 mm. conduttività termica: 0.24 W m-2 K-1
Derma spessore: 2 mm. conduttività termica: 0.45 W m-2 K-1
Grasso sottocutaneo spessore: ≤10 mm. conduttività termica: 0.19 W m-2 K-1
Tessuti interni: spessore: 30 mm. conduttività termica: 0.5 W m-2 K-1

Ora le equazioni si complicano, per cui ci limiteremo a rappresentarle solamente in forma grafica. Considerando un corpo privo di abbigliamento, il tempo di sopravvivenza si può stimare attraverso il grafico sottostante:

 

Non vi è una relazione lineare e, come si nota immediatamente, il tempo di sopravvivenza si allunga molto quando la temperatura dell'acqua è superiore ai 15 °C mentre al di sotto dei 10 °C è impossibile sopravvivere per più di 5 ore. Se poi il corpo è protetto da vestiti o mute adatte, i tempi cambiano in positivo, allo stesso modo si hanno scostamenti positivi dalla stessa curva, se il rapporto superficie volume è favorevole: individui con uno spesso strato adiposo sopravvivono più a lungo.

UN CONSIGLIO
Quando si cade in acqua molto fredda, molti pensano di potersi riscaldare nuotando. In realtà muovendosi in acqua si perde calore più velocemente. Per cui si consiglia di mantenere la cosidetta HELP position, acronimo che significa Heat Escape Lessening Posture. Tale posizione, fortemente raccomandata, è quella che garantisce la minor perdita di calore. Purtroppo è difficile da mantenere in condizioni di mare agitato.

 
Heat Escape Lessening Posture
 

BOX - Perchè in acqua le dita si raggrinziscono?

 

Quando si passa troppo tempo in acqua accade che le estremità, in particolare le punte delle dita delle mani, un pò meno quelle dei piedi, si raggrinziscano.
Non è noto esattamente perchè questo accade. Un tempo si proponevano spiegazioni legate alle caratteristiche fisiche della pelle e all'osmosi; ora una nuova ipotesi avanzata dal team del dottor Mark Changizi, considera invece un'altra caratteristica, ovvero quella legata all'attrito e al fatto che la pelle raggrinzita offra una maggior e più sicura presa. In alte parole evita (o eviterebbe) lo scivolamento delle mani e dei piedi quando aderiscono su un substrato qualsiasi.
L'ipotesi del dottor Changizi è interessante, anche perchè basata sul fatto, oggettivo, che il raggrinzimento della pelle è sotto il controllo del sistema nervoso e, se vengono recise le terminazioni nervose deputate, il fenomeno scompare, quindi sono escluse ragioni legate all'osmosi e alla perdita di acqua (disidratazione).